Impianto di defibrillatore automatico

Il defibrillatore automatico impiantabile (detto anche ICD) è un apparecchio molto sofisticato che serve a trattare le aritmie ventricolari maligne. Si tratta di un'invenzione relativamente recente, infatti viene utilizzato nella pratica clinica da circa vent’anni. È un piccolo dispositivo elettronico che osserva costantemente tutti i battiti del cuore ed interviene quando rileva un'aritmia grave. In base alle impostazioni programmate dal cardiologo il dispositivo eroga una o più terapie elettriche eseguendo una stimolazione oppure una scarica elettrica (detta anche DC Shock) proprio come i normali defibrillatori esterni presenti negli Ospedali (e come probabilmente tutti hanno visto in televisione nelle serie di ambiente medico). La scarica elettrica è in grado di interrompere anche la più grave aritmia cardiaca (la Fibrillazione Ventricolare) e quindi può salvare la vita al paziente. Il dispositivo è anche in grado di stimolare il cuore quando questo non è in grado di farlo spontaneamente, proprio come un normale pacemaker.

Il sistema è composto, di uno o più fili elettrici posizionati nel cuore (elettrocateteri) che trasportano il segnale elettrico dal cuore al defibrillatore e viceversa; gli elettrocateteri sono collegati al defibrillatore vero e proprio che viene posizionato sottocute sul torace del paziente.

L’ICD è indicato nei pazienti con aritmie maligne e serve a prevenire la morte improvvisa. I pazienti candidati ad impiantare un tale dispositivo sono coloro che: hanno presentato una aritmia ventricolare o un arresto cardiaco, presentano, per le loro caratteristiche e la loro patologia, un elevato rischio di poter avere una aritmia ventricolare od un arresto cardiaco, come nei pazienti con -frazione di eiezione minore di 35-40%. La frazione di eiezione (F.E.) è la proporzione di sangue pompata dal cuore per ogni battito. Un cuore normale pompa un pò più della metà del suo volume con ogni battito, così che la F.E. normale è maggiore del 55%. Pazienti ad alto rischio per morte improvvisa a causa di una malattia di cuore ereditaria. Un Cardiologo specialista dei disturbi del ritmo (Elettrofisiologo) dovrebbe valutare l’indicazione per l’impianto di un defibrillatore

In presenza di una aritmia il dispositivo può intervenire con varie modalità programmate dal Medico a seconda delle necessità del paziente. Stimolazione antitachicardica: se l’aritmia è rapida ma non troppo, il dispositivo può erogare una serie di stimoli non dolorosi ed ad alta frequenza per cercare di interromperla. Defibrillazione: per altri tipi di aritmia l’unico modo per tentare di interrompere l’aritmia è erogare uno shock elettrico ad alta energia. La maggior parte dei pazienti sviene o perde conoscenza durante queste aritmie per cui non avverte la scarica. Quelli che non svengono avvertono un dolore improvviso ma di breve durata al centro del petto. Stimolazione antibradicardica: il sistema stimola il cuore quando questo non è in grado di farlo spontaneamente, proprio come un normale pacemaker. Solitamente il paziente non avverte questo tipo di stimolazione, così come avviene nei pazienti portatori di pacemaker.

I controlli

E’ necessario che il paziente portatore di ICD sia sottoposto a periodici controlli (in genere ogni sei mesi) per verificare il corretto funzionamento del dispositivo ed il livello di carica delle batterie. Il Cardiologo-elettrofisiologo stabilirà le modalità ed il calendario dei controlli in base alle necessità del paziente. In caso di intervento del dispositivo non è necessario che il paziente si allarmi: con ogni probabilità l’ICD è intervenuto per interrompere una aritmia ed ha salvato la vita al paziente stesso. Se si è trattato di 1 solo intervento ed il paziente non presenta sintomi particolari, è opportuno che contatti il Centro presso cui è seguito ed esegua un controllo entro 48 ore; il dispositivo fornirà al cardiologo le informazioni relative all’intervento, permettendo di verificarne l’adeguatezza ed il corretto funzionamento. Il defibrillatore ha anche una memoria che conserva la registrazione dell’Elettrocardiogramma dei momenti in cui si verifica un’alterazione del ritmo. Con queste informazioni, l’Elettrofisiologo (cardiologo specialista dei disturbi del ritmo) può studiare l’attività elettrica del cuore e approfondire i sintomi riferiti dal paziente. Se si verificano interventi ripetuti e se il paziente avverte sintomi importanti oppure se avverte un’aritmia e l’ICD non interviene, è opportuno che venga controllato presso il più vicino Ospedale, in quanto il dispositivo potrebbe funzionare in modo inappropriato o potrebbe essere cambiata la situazione della sua malattia cardiaca.

La sostituzione del generatore

Quando il livello di carica della batteria (controllato ai periodici controlli sempre più ravvicinati man mano che la batteria si avvicina alla fase di esaurimento) raggiungerà un determinato livello denominato ERI, il cardiologo-aritmologo stabilirà quando eseguire la sostituzione dell’ICD con un nuovo dispositivo. Tale intervento è più semplice dell’impianto in quanto si utilizzano i cateteri precedentemente impiantati; è pertanto necessario semplicemente aprire la tasca di alloggiamento del pacemaker, sconnettere il generatore e sostituirlo con uno nuovo.

  • » Informativa procedurale per i pazienti

    Il defibrillatore impiantabile è un apparecchio utile a trattare aritmie che insorgono in una camera cardiaca chiamata ventricolo e che sono potenzialmente fatali se non interrotte tempestivamente.

    L’impianto di un defibrillatore automatico è indicato in pazienti che presentano:

    • Pregresso episodio di arresto cardio-circolatorio da fibrillazione ventricolare o ad alto rischio di aritmie ventricolari maligne a causa della loro cardiopatia di base
    • Tachicardie ventricolari molto rapide, che provocano perdita di coscienza
    • Tachicardie ventricolari di lunga durata non controllate dalla terapia medica e/o da altre terapie elettriche quali l’ablazione transcatetere.
    • Il defibrillatore è in grado di prevenire anche sintomi dovuti ad una bassa frequenza cardiaca.

     

    Cos’è un defibrillatore automatico e come funziona?

    il defibrillatore automatico è un piccolo dispositivo, costituito da una batteria e da un circuito elettronico capace di riconoscere e trattare le aritmie ventricolari. Il defibrillatore è collegato al cuore attraverso uno o più fili elettrici, chiamati elettrocateteri: essi trasmettono il segnale elettrico cardiaco al dispositivo, che è in grado di distinguere un ritmo cardiaco normale, da un’aritmia ventricolare. Gli elettrocateteri servono, inoltre, a trasmettere energia elettrica dal generatore fino al cuore. Il defibrillatore ha una sua batteria. Il livello di carica della batteria viene controllato periodicamente. La batteria ha una durata variabile, dipendente da diversi fattori (percentuale di stimolazione ed energia  necessaria alla stimolazione, numeri di shock erogati), in media 5 anni e non può essere ricaricata.  Se la batteria necessita di essere cambiata si procede con la sostituzione del Defibrillatore, una procedura simile  all’impianto ma di durata più breve ed a più basso rischio.

    Il defibrillatore è in grado di riconoscere diversi tipi di aritmie ventricolari e di trattarle con terapie diverse:

    • Shock elettrico ad alta energia, utilizzato generalmente per interrompere aritmie veloci ed irregolari
    • Shock a bassa energia che può essere usato per tachicardie ventricolari meno rapide e più organizzate
    • Treni di impulsi elettrici ad alta frequenza.

    I criteri di riconoscimento e le diverse terapie sono programmabili dall’esterno e vengono scelti dal medico in base al tipo di aritmia ed alle esigenze del paziente.

    Come si impianta?

    L’impianto di un defibrillatore automatico viene effettuato quasi interamente in anestesia locale e dura circa 60 minuti. La prima fase consiste nell’introduzione dell’elettrocatetere attraverso la vena cefalica e/o la vena succlavia (di solito sinistra). L’approccio a questi vasi avviene, con diverse tecniche, nella regione della spalla sotto la clavicola.

    Il catetere viene spinto fino al cuore sotto la guida dei raggi x e posizionato con la punta in ventricolo destro. In alcuni casi è previsto o si rende necessario l’impianto di un secondo catetere in atrio destro o in un’altra zona del cuore. Dopo averlo posizionato, si prova che l’elettrocatetere rilevi il segnale elettrico in maniera adeguata e, successivamente, viene collegato al defibrillatore.

    Mediante una piccola incisione, il defibrillatore viene inserito sotto il muscolo pettorale.

    A questo punto, valutato il rapporto rischio/beneficio,  è possibile provare il corretto funzionamento del sistema. Durante questa prova, il cardiologo prova l’insorgenza di un’aritmia ventricolare rapida e fa in modo che il defibrillatore la riconosca e la tratti in maniera appropriata ed efficace. In questa fase viene praticata, in assistenza anestesiologica,  una profonda sedazione per evitare al paziente di avvertire sgradevoli sensazioni legate all’insorgenza dell’aritmia e alla conseguente terapia elettrica. Talvolta le condizioni generale di precario compenso emodinamico del paziente non consentono l’induzione della fibrillazione ventricolare.

    La ferita viene richiusa con alcuni punti di sutura.

    Il rischio di un impianto di defibrillatore automatico è generalmente basso e dipendente dallo stato di salute, dalla cardiopatia sottostante, dall'età.

    Complicanze

    Tra le complicanze che possono verificarsi vi sono:

    • Ematoma locale che generalmente si risolve spontaneamente in pochi giorni
    • In casi molto rari dislocamento dei cateteri; in questo caso è necessario procedere al riposizionamento degli stessi mediante una procedura simile all’impianto
    • In casi rarissimi infezione della tasca del pacemaker 
    • Danneggiamento dei vasi attraverso i quali sono introdotti i cateteri
    • Danneggiamento del polmone (pneumotorace) che si può verificare durante la puntura della vena succlavia
    • Perforazione cardiaca, versamento cardiaco

    Alcune di queste complicanze possono risolversi spontaneamente o richiedere delle procedure mediche o chirurgiche per essere corrette.